la Buffa zona

La buffa zona

Firenze, una città d’arte ormai profondamente segnata dal turismo di massa, dalla gentrificazione e dal consumo di suolo, negli ultimi anni ha trasformato la sua area nord in una zona cruciale per funzionalità urbana. In questa parte di città si trovano l’ospedale di Careggi e il Meyer, diversi poli universitari e un vasto complesso industriale intrecciato con i vicini distretti campigiani e pratesi.

E’qui che si trova anche il quartiere di Castello, con la sua “buffer zone” che circonda le Ville Medicee, patrimonio UNESCO.

In pochi kilometri convivono elementi estremamente diversi: da una parte, le caratteristiche industriali della piana di Sesto Fiorentino, con tre grandi fabbriche di oltre 100.000 m², un elettrodotto e numerose antenne per le telecomunicazioni che impattano visivamente sul paesaggio; dall’altra, le pendici di Monte Morello, boschi e vallate suggestivamente intrecciati con il tessuto urbano e con alcune preziose Ville Medicee rinomate per il loro patrimonio culturale e naturale. Questo territorio rappresenta una zona complessa e ibrida, dove la coesistenza di elementi industriali e storici è fragile quanto significativa.

Un delicato equilibrio come questo andrebbe valorizzato, promuovendo una gestione sostenibile e partecipata del territorio. Al contrario, negli ultimi anni le amministrazioni hanno favorito un intervento massiccio e devastante di cementificatori e speculatori, che hanno come unico interesse quello del proprio profitto. In un quadro dove chi vive questa zona si vede spuntare un ecomostro al minuto, l’ultima grande trovata è la costruzione di una centrale elettrica di trasformazione Enel, repentinamente calata dall’alto e presentata come un’opera strategica nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Ironia della sorte, la centrale sorgerà su una vasta area verde, tra le pochissime rimaste, che chi vive nel quartiere da anni chiedeva diventasse un parco.

Negli ultimi anni sono stati già installati altri due sistemi di antenne, senza alcun rispetto per i principi paesaggistici e, tanto per cambiare, senza informare minimamente la cittadinanza. Questo modo di operare, privo di trasparenza e rispetto per la partecipazione pubblica, è diventato la norma nel Comune e negli uffici tecnici di Firenze.

Seguendo la traccia della trasparenza, è impossibile che gli amministratori coinvolti non fossero a conoscenza del progetto in tempo utile, visto che le opere del PNRR richiedono necessariamente una pianificazione condivisa tra Stato e governi locali. Il processo decisionale è stato caratterizzato da una completa mancanza di comunicazione e si è deliberatamente deciso di non consultare la popolazione.

A questo punto, ci chiediamo quali sono i criteri con cui si definisce la “strategicità” di un progetto come questo. Quali sono le metriche adottate per giustificare una scelta tanto invasiva e impattante? E, soprattutto, perché non viene data voce a chi in questo territorio vive e ha il diritto di decidere del proprio futuro?

Si deve evidenziare che cittadini e cittadine hanno già espresso critiche e proteste, organizzando assemblee e presidi nella zona Castello/Sodo. Questo dimostra che, oltre la retorica dell’ascolto, esiste una comunità realmente attiva e consapevole, impegnata nella difesa di un territorio che conosce e ama. Da anni chi vive in questo quartiere lamenta la mancanza di una piazza o di uno spazio pubblico accessibile, chiede parchi e percorsi pedonali sicuri verso le scuole. Perché non dare ascolto a queste voci trattandole come se non avessero le competenze per parlare o per capire? Il termine “partecipazione” che veniva usato con tanta generosità nelle campagne elettorali, ormai è platealmente lettera morta: l’opionione degli abitanti riguardo al proprio territorio viene semplicemente e costantemente ignorata.

Oltre alle modalità con le quali sono state prese queste decisioni, ci chiediamo a questo punto quale sarà l’effettivo impatto di questa infrastruttura sul nostro territorio e cosa si cela dietro l’uso strumentale della distinzione tra “paesaggio” e “ambiente”.

Il terreno destinato alla centrale Enel è infatti classificato dal Regolamento Urbanistico Comunale come “sub sistema collina coltivata” e “emergenza di valore storico, architettonico e culturale”, una designazione che dovrebbe, in teoria, proteggerlo da interventi invasivi.

La distinzione tra “paesaggio” e “ambiente” è regolarmente usata in modo subdolo per manipolare le percezioni e giustificare interventi urbanistici discutibili. Mentre l’”ambiente” è generalmente inteso come un sistema complesso che include tutti gli elementi naturali e antropici e che richiede una tutela integrata e non derogabile, il “paesaggio” è spesso considerato una semplice cornice estetica, un elemento qualitativo che può essere plasmato e modificato secondo le esigenze del momento.

Il paesaggio, infatti, è definito come una porzione di territorio osservata da una prospettiva specifica, un insieme di elementi visibili e percepibili che possono includere sia componenti naturali che costruzioni umane. È associato a esigenze artistiche ed estetiche, come in un quadro o una fotografia, e quindi è visto come un’entità che può essere interpretata e rappresentata in modi diversi. Questa concezione prospettica del paesaggio lo rende facilmente manipolabile, permettendo alle istituzioni di concentrare la loro attenzione su elementi particolari – come le ville medicee o le colline di Monte Morello – trascurando il resto del territorio che può essere degradato o trasformato senza troppa resistenza.

D’altro canto, l’”ambiente” non dipende dalla percezione soggettiva di un osservatore; rappresenta la totalità dei sistemi naturali e costruiti che compongono un territorio. È qualcosa di più sostanziale e meno flessibile dal punto di vista normativo. Tuttavia, nella pratica, vediamo che questa distinzione viene sfruttata per promuovere una falsa narrativa “green”. I rendering ufficiali mostrano progetti ideali, perfettamente integrati nel paesaggio, senza mai rappresentare i disastri ambientali esistenti come elettrodotti o antenne già installati. In questo modo, il paesaggio viene trattato come una merce da vendere, un “gioiellino” da esibire quando conviene, mentre l’ambiente, in teoria non derogabile, viene sistematicamente ignorato o aggirato nelle pratiche reali.

Ciò di cui abbiamo bisogno è un approccio più integrato e onesto alla gestione del territorio, in cui il paesaggio non sia visto solo come sfondo estetico, ma come un sistema dinamico e multipolare, dove attività umane e naturali possano coesistere in modo sostenibile. Invece di sfruttarlo come strumento retorico per promuovere operazioni speculative, dovrebbe essere trattato come un elemento fondamentale del nostro ambiente che necessita di una protezione reale e concreta. Le istituzioni devono smettere di usare il “paesaggio” come un paravento per nascondere la loro mancanza di impegno per la vera tutela ambientale e iniziare a considerare l’intero territorio come un patrimonio da proteggere e valorizzare per il benessere di tutte e tutti.

Questi principi di sostenibilità e rispetto per il territorio sono gli stessi che hanno ispirato e continuano a guidare le iniziative dal basso degli e delle abitanti. Le esperienze passate, come la vittoria sulla vicenda del parco Don Bosco a Bologna, dimostrano che una critica costante, coerente e precisa può far prevalere il giusto sulle mere formalità legali.

Appendice – Una nota sull’architettura del paesaggio

 

L’aumento del malcontento civico nelle città del paese e gli effetti dei recenti estremi climatici, come le ondate di calore prolungate, le siccità, le inondazioni e gli incendi, rivelano la significativa vulnerabilità e l’esposizione degli ecosistemi umani e naturali. Presi insieme, questi fenomeni rappresentano un nuovo campanello d’allarme e rendono urgente l’architettura del paesaggio per creare spazi pubblici equi e veramente democratici e per implementare strategie di mitigazione dei rischi.

Allo stesso tempo, è proprio l’architettura del paesaggio che ha la capacità, e in effetti la responsabilità, di ancorare i progetti alla loro specificità: al loro funzionamento, ai loro segreti, alla loro logica, alle opportunità e ai pericoli intrinseci. La “green wave” e le ossessioni corrispondenti basate sulle prestazioni non devono essere considerate una panacea. Il lavoro sul campo svela geologie e geografie specifiche dei contesti e le realtà disordinate e contestate della vita quotidiana; le indagini sulla logica esistente dei paesaggi, le appropriazioni culturali di un territorio, la formazione sociale e la codificazione degli spazi richiedono prospettive sia diacroniche (nel tempo) che sincroniche (qui e ora).

La mappatura sul campo può andare oltre una semplice descrizione e diventare un atto di realismo critico, scegliendo con attenzione cosa rappresentare e rivelando realtà nascoste o trascurate, percepite attraverso l’esperienza diretta e il contatto con il luogo. L’architettura del paesaggio, quindi, diventa uno strumento attivo per opporsi alla standardizzazione, alla globalizzazione e alla perdita di diversità culturale e locale. I progetti devono essere strettamente legati al loro contesto geografico, geologico e culturale.

Sembra quindi necessario che l’architettura del paesaggio rivendichi la sua posizione come disciplina chiave – capace di sintetizzare in modo unico i sistemi ecologici, i dati scientifici, i metodi ingegneristici, le pratiche sociali e i valori culturali – e li integri tutti nella progettazione dell’ambiente costruito. Visioni audaci devono combinare il tangibile e l’immaginario per provocare conversazioni che promuovano l’equità sociale e la giustizia ambientale, oltre a manifestare il potere trasformativo del paesaggio.

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Le e gli abitanti di Castello-Il Sodo, al posto della centrale elettrica di trasformazione Enel, VOGLIONO che sia realizzato verde pubblico, parcheggi pubblici e rimozione delle antenne 5G

Le e gli abitanti di Castello-Il Sodo si sono organizzati in Comitato per impedire l’imminente realizzazione di una centrale elettrica di trasformazione Enel, nell’area di circa 1 ettaro, compresa fra la la chiesa di San Pio X, la villa storica Il Chiuso De’ Pazzi, le abitazioni confinanti e via Chiuso de Pazzi, in piena vista dalla Scuola Media e dall’Auditorium Guicciardini.

La suddetta strada, già motivo di protesta degli abitanti , costituisce una barriera urbanistica che interrompe la continuità del rione con la parte del quartiere verso Quarto e Careggi e rende pericoloso il percorso casa-scuola di alunni e alunne, genitori e abitanti

E’ un esempio delle trasformazioni che hanno caratterizzato le politiche degli ultimi 20 anni che hanno segnato questa parte di Castello, “campagna medicea, periferia urbana”. La realizzazione di questa nuova strada, doveva essere compensata dal giardino e i parcheggi pubblici. Servizi che sono stati definiti dopo un iter politico-amministrativo in seguito alle iniziative degli abitanti ma mai realizzati dall’Amministrazione Comunale.

Il terreno su cui dovrebbe essere costruita la centrale Enel è classificato dal Regolamento Urbanistico Comunale “sub sistema collina coltivata” e “emergenza di valore storico, architettonico e beni culturali”. E’ uno fra gli ultimi e sempre più preziosi brani di campagna agricola storica ancora non cementificata ma dove recentemente sono stati permessi interventi impropri come l’installazione di due mega antenne per la telefonia mobile (5 G), che deturpano il paesaggio collinare con le Ville Storiche e Monte Morello e sottraggono spazio a verde.

Adesso accanto alle antenne 5G si vorrebbe aggiungere la centrale di trasformazione Enel, determinando così:

> Ulteriore restrizione di area a verde

> Impossibilità di destinazione di una parte dell’area e verde pubblico accessibile e gratuito

> Una sommatoria di emissioni poco rassicuranti per la salute degli abitanti per niente rassicurati dalle dichiarazioni delle istituzioni e degli enti interessati, fra cui l’ARPAT.

Da sottolineare, inoltre, che per rilasciare l’autorizzazione per interventi di questo genere, sono necessari pareri e nulla-osta di diversi enti pubblici: ARPAT, Soprintendenza alle Belle Arti fiorentina, Comune di Firenze e Regione Toscana come capofila di tutto. Un progetto, inoltre, che ha reso necessario espropriare i terreni che ricadono nell’area dell’intervento. Eppure niente nel corso di questo iter è trapelato! Ancora oggi non è possibile accedere alla documentazione completa, perché secretata dalla Regione Toscana. In sostanza a chi nel quartiere ci vive e ci lavora non è stata data nessuna informazione.

Nelle due assemblee organizzate dagli abitanti è stato evidenziato anche l’aspetto della salute e invocato il “Principio di Precauzione”, consapevoli che questo principio molto spesso è aggirato dal rialzo ad hoc dei limiti di sicurezza e di salvaguardia della salute degli abitanti e dell’ambiente.

Per tutti i motivi precedenti sono state decise iniziative che prevedono di agire su più fronti e che possono essere riassunti in:

Azioni sul piano legale;

Campagna di informazione e mobilitazione dei cittadini con iniziative pubbliche;

Confronto con le istituzioni (Quartiere, Comune, Regione).

Si può ancora ribaltare la situazione, organizzandoci come cittadini con iniziative e momenti di informazione.

> Più verde e basta cementificazione nell’area di Castello-Sodo

> Senza la gente non si decide niente

> Vogliamo il rispetto degli impegni assunti per la tutela, la cura del paesaggio e   della salute degli abitanti.

 

per contatti e informazioni: <osservatorio.quartiere5@gmail.com>

 

Qui sotto foto dell’iniziativa dell’11 Luglio

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Note del Csa Next-Emerson sull’area Ex-Cerdec

La storia dell’area Ex-Cerdec inizia nei primi anni 2000 ed è caratterizzata da una serie di complicazioni che ne hanno segnato il percorso di recupero. Con questo testo vogliamo ripercorrere la storia di quest’area e mettere in evidenzia le contraddizioni che vi si addensano

Un po’ di storia e di misure

L’area dell’Ex¬Cerdec, precedentemente utilizzata dal Colorificio Degussa e successivamente dalla Romer, è chiusa da più di trenta anni. Chiusura dettata dalla pericolosità dei materiali trattati proprio a ridosso dell’asilo Ritter (che per questo fu chiuso) e delle abitazioni.La sua pericolosità è stata confermata anche dalle difficoltà per la bonifica non ancora finita. L’area si configura come una sorta di trapezio confinante su un lato di 180 m con l’area ex-Seves, un fronte dalla parte di via Giuliani di 170 m e gli altri tre lati che costeggiano via della Petraia di 200 m e via Ricci per 150 m e 90 m.Il perimetro totale di quasi 800 m e l’estensione dell’area di circa 40.000 mq stanno a testimoniare della vastità di quest’area situata appena sotto villa Corsini e a ridosso del sistema della ville Medicee. All’interno sono situati 15 corpi d’edificio di varie dimensioni e in condizioni precarie testimonianza di architettura industriale anni ‘50.

Prima bonifica e problemi di contaminazione

La prima bonifica è stata eseguita nel periodo marzo-ottobre del 2005 a seguito all’accertamento di 20 aree interne risultate contaminate. L’intervento ha comportato l’asportazione di oltre 5000 mq di terreno. Nonostante ciò, la certificazione di bonifica è stata ottenuta, sebbene siano stati riscontrati 4 metalli pesanti nel suolo, superiori ai limiti imposti dalla vecchia normativa (D.M.471/99), considerati “valore di fondo naturale”: Berillio 5 mg/kg, Cobalto 41.7 mg/kg, Tallio 9 mg/kg, Stagno 2.4 mg/kg tutti elementi pericolosi per la salute. Il concetto di “valore di fondo” appare come una mera giustificazione, una sorta di etichetta che, limita gli sforzi per migliorare le condizioni ambientali dell’area. Questa definizione sembra essere utilizzata come scudo dietro il quale nascondere l’impossibilità o la reticenza nel trattare in modo più incisivo la forte contaminazione presente. L’etichetta di “valore di fondo” rischia di trasmettere un messaggio di accettazione della situazione come una sorta di status quo inevitabile, invece di spingere verso azioni risolutive e sostenibili per la salute dell’ambiente e della comunità circostante

Riapertura del processo di bonifica

Nel 2017, durante la valutazione ambientale dell’area, in relazione al “piano di recupero”, è stato richiesto un nuovo piano di investigazione conforme alla normativa attuale (D.lgs 152/2006) e alla destinazione d’uso verde pubblico/residenziale. Il piano, depositato nel 2019, è stato respinto da ARPAT a causa del superamento dei limiti nei campioni prelevati a livello di falda e suolo, evidenziando uno stato di contaminazione ben oltre i valori di fondo. Di conseguenza, il processo di bonifica è stato riattivato accompagnato da una richiesta esplicita per il monitoraggio di un maggior numero di parametri nel suolo, sottosuolo e nelle acque di falda. Oltre a questo, è stata richiesta l’asportazione dei pannelli di amianto che ancora ad oggi ricoprono una vasta superficie dei capannoni.
Negli ultimi cinque anni, tutti i piani di investigazione presentati dalla ditta non hanno mai ottenuto l’approvazione dell’ARPAT, sia a causa delle analisi che hanno rivelato la persistenza di contaminanti, sia per la loro incompletezza. Emerge quindi chiaramente uno stato di contaminazione molto grave e tristemente longevo, considerato come questi inquinanti siano presenti da almeno trent’anni. In questo contesto di insalubrità ed insicurezza, la costruzione di abitazioni che determineranno un impatto significativo in quell’area è completamente irresponsabile

Piano di recupero dell’area

Nel piano di recupero dell’area ex Cerdec, reso pubblico nel 2021, l’aspetto ambientale è stato semplificato e la bonifica è stata trattata in modo molto generico. Durante un incontro tenutosi a settembre 2021 presso il circolo di Castello l’ex-Assessora Del Re ha presentato il progetto di recupero con l’attenzione principalmente focalizzata sulle future costruzioni residenziali. La questione della bonifica è stata affrontata in modo sommario, con una menzione generica di un esito positivo che secondo l’assessora e la dirigente alla direzione urbanistica Fanfani sarebbe dovuta arrivare nel giro di qualche mese da parte dell’ARPAT. Tuttavia, ad oggi, tale conferma non è ancora pervenuta e l’iter di bonifica dell’area Cerdec consultabile sul database dell’ARPAT risulta ancora attivo.
Durante lo stesso incontro è stata sollevata, da parte dei presenti, la questione dell’assenza di aree e servizi pubblici da destinare agli abitanti. Un aspetto particolarmente rilevante poiché il quartiere attualmente manca di spazi sociali e culturali accessibili. In risposta a queste preoccupazioni la ex-Assessora, la dirigente Fanfani, insieme al costruttore,hanno risposto con sicurezza affermando che oltre il 30% dell’investimento sarebbe stato destinato agli abitanti del quartiere ma a tutt’oggi non risulta niente del genere

La cooperativa edificatrice

È importante ricordare che la proprietà cioè la “Cooperativa edificatrice di Castello” è classificata come cooperativa a scopo mutualistico come attestato dal registro delle imprese. Ciò significa che l’obiettivo primario della cooperativa è quello di fornire ai propri soci condizioni economiche più favorevoli e vantaggiose. In poche parole, tali imprese assicurano l’accesso all’acquisto esclusivamente a una platea determinata, costituita esattamente dai propri soci.  La domanda è: come può questo progetto portare dei benefici al quartiere? Il progetto inizialmente pensato per includere aree destinate all’housing sociale (affitti permanenti, case a basso costo) si sta dimostrando il contrario: nell’ultimo provvedimento dirigenziale (ottobre 2023) si legge bene che la ditta costruttrice dovrà versare al Comune oltre un milione di euro per la superficie che non sarà destinata all’housing sociale. E così le casse del Comune si continuano ad arricchire mentre al quartiere viene tolta un’altra area e trasferita ad una proprietà che può continuare progetti di speculazione in ambito urbanistico.

Analisi delle acque dei pozzi e Arpat

Dopo l’assemblea con l’assessora, consapevoli dell’assenza di attenzione verso la questione ambientale e dopo anni di silenzio da parte degli enti responsabili, abbiamo deciso di effettuare un campionamento dell’acqua da un pozzo situato in Via Giuliani, proprio di fronte all’area della ex Cerdec. I risultati delle analisi che abbiamo fatto eseguire da un laboratorio certificato hanno confermato la presenza di acqua non potabile e quella, oltre i limiti di riferimento, di Selenio e Boro.  Abbiamo quindi contattato l’Arpat riportando i risultati delle nostre indagini ottenendo ulteriori chiarimenti e verifiche che abbiamo condiviso con gli abitanti durante due assemblea di quartiere.  Un anno dopo, nell’autunno del 2022, viene pubblicato il provvedimento dirigenziale con il quale apprendiamo che l’ennesimo piano di investigazione presentato dal costruttore non è completo e gli viene imposto di aggiungere il monitoraggio di un ulteriore piezometro di falda. Questo provvedimento è stato pubblicato esattamente durante la nostra corrispondenza con Arpat, ed evidenzia bene la necessità di eseguire dei controlli più approfonditi nelle acque di falda del sito.

Quindi

L’assenza di trasparenza, unita a una comunicazione poco chiara, e alla mancanza di informazioni dettagliate sulla sicurezza ambientale e sanitaria continua ad alimentare una disconnessione tra l’amministrazione comunale e gli abitanti del quartiere. Questo iter caratterizzato da lunghe attese e omissioni, ha contribuito ad impedire una reale riqualificazione dell’area.  Le aspettative dei cittadini, che puntavano a una trasformazione significativa e positiva del territorio, sono rimaste in gran parte insoddisfatte. Gli interessi economici hanno preso il sopravvento, distorcendo gli sforzi che dovrebbero essere dedicati a trasformare l’area in uno spazio pubblico adatto alle autentiche esigenze del quartiere, tra cui la creazione di piazze accoglienti, spazi verdi e infrastrutture sociali e culturali accessibili a tutti. In questo contesto, sottolineiamo l’importanza di un coinvolgimento attivo degli abitanti del quartiere nella definizione di un piano di recupero che garantisca una migliore qualità della vita. La partecipazione diretta degli abitanti è essenziale per garantire che le decisioni siano condivise e rispecchino le reali necessità del quartiere: è un passo significativo verso la salvaguardia dell’ambiente, la promozione di spazi urbani socio-culturali che rispondono alle esigenze e al benessere della comunità.

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Lettera ad Arpat sull’incendio sviluppatosi lun 17/07 in zona Castello

PRESIDIO NO INC NO AEREO PIANA FIRENZE* SESTO F.NO PRATO
CENTRO SOCIALE NEXT EMERSON * FIRENZE
Arpat Toscana;
via Ponte alle Mosse, 211 Firenze arpat.protocollo@postacert.toscana.it attenzione Arpat Firenze
urp@arpat.toscana.it
Ausl Firenze dipartimento prevenzione

FATTI
Come è noto ieri lunedì 17 intorno alle 13.30 in via del Termine, zona Castello, c’è stato un incendio in un edificio industriale dismesso, ex Antilotex impresa che a suo tempo produceva tessuti floccati anche sintetici. L’ incendio si è propagato all’ interno dell’ edificio a causa della combustione accidentale di una massa di circa 100 mq di dimensione di rifiuti urbani abbandonati.
Tuttavia, in assenza di una documentata rimozione dei rifiuti industriali da parte della Antilotex, è possibile che siano stati coinvolti nell’ incendio anche rifiuti tessili lasciati dall’ azienda poi chiusa.(Rifiuti speciali il cui trattamento e la cui rimozione è a carico delle imprese private).
Apprendiamo dalla carta stampata e dalle persone che abitano intorno a via del Termine e nelle zone limitrofe, che Arpat e Asl ritengono (e impongono) “che alle popolazioni di questa zona , e comunque presenti nelle aree interessate dai fumi dell’ incendio, si debba
raccomandare di non soggiornare all’ aperto, di tenere le finestre degli edifici chiusi, e limitare per quanto possibile la permanenza.
Conseguentemente la Protezione civile comunale ha inviato un alert telefonico ai residenti interessati dall’ incendio e dai fumi.
Abbiamo notizia di famiglie e persone che hanno dormito in automobile dopo essersi allontanati dalla zona oggetto di contaminazione Arpat , sulla scorta delle informazioni dei Vigili del fuoco, ritiene che l’ incendio possa durare a lungo.

OSSERVAZIONI E RICHIESTE
Le persone che fanno parte delle realtà in calce, in quanto abitanti delle aree urbane e rurali interessate e in ogni caso custodi del proprio ambiente di vita, anche ai sensi di quanto disposto dalla Costituzione repubblicana, in particolare agli articoli : 3 ( rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana), 9 (la repubblica tutela il paesaggio, gli ecosistemi, la biodiversità), 32 (la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’ individuo e interesse della collettività), 41 (l’ iniziativa economica privata è libera, tuttavia non può svolgersi in contrasto con l’ utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla salute, all’ ambiente, alla dignità umana) : si richiama a questo proposito che l’ attività economica privata riguarda anche le sua
dismissione che deve essere fatta garantendo la sicurezza degli immobili, e la salute delle lavoratrici e dei lavoratori e delle/degli abitanti eventualmente interessati da eventi dannosi e/o nocivi, 42 ( la proprietà privata è garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto….e i limiti allo scopo di assicurare la funzione
sociale, 118 (garanzia della sussidiarietà orizzontale nei rapporti tra enti statali, ivi compresi i Comuni, e le iniziative dei cittadini),

RITENGONO
che non sia corretto criminalizzare gli occupanti dell’ immobile dismesso; occupazione avvenuta d’ altra parte a causa della carenza di abitazioni a affitto controllato, mentre si ampliano le residenze per turismo e legate al business imprenditoriale, e NON CREDONO sia lecito usare l’ arma dello sgombero forzato.
Quali soggetti interessati ai fatti qui evidenziati, chiediamo viceversa di verificare le seguenti condizioni :
1) se vi siano responsabilità della azienda Antilotex circa la possibile mancata rimozione di rifiuti e di residui delle lavorazioni (rifiuti speciali a carico delle imprese ) e circa la messa in sicurezza e bonifica dell’ immobile dismesso dove si è verificato l’ incendio, fatte salve le indagini che state già svolgendo;
2) come afferma Arpat nella propria prescrizione di “ limitare l’ inalazione dei fumi prodotti dalla miscela eterogenea di rifiuti che è andata a fuoco” , trattasi di rifiuti eterogenei la cui combustione può produrre sostanze nocive ( come emerge nella letteratura scientifica e nei casi di studio di situazioni analoghe ) tra cui PCB ( Policlorobifenili), IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e Diossine e Furani, tutti inquinanti organici persistenti che tendono ad accumularsi nell’ ambiente e negli esseri umani, essendo tossici per uomini, donne, animali e ambiente/territorio.

Come è noto le sostanze che producono Diossine dette precursori possono provenire da processi produttivi di plastiche, carta, combustibili (trattamento e raffinazione ), ma anche da combustioni incontrollate e da incendi accidentali all’ aperto o in ambienti confinati di materiali eterogenei, di pneumatici, di rifiuti , e quale processo che ne produce la maggiore quantità, rifiuti e fanghi trattati attraverso l’ incenerimento.
Diossine e Furani sono sottoprodotti di processi chimici e/o di combustione e riguardano 210 composti chimici aromatici policlorurati (Dibenzopdiossine e Dibenzopfurani).
In particolare le diossine 2,3,7,8 : tetraclorodibenzodiossine (TCDD) sono insolubili in acqua e quindi stabili e facilmente trasportabili attraverso l’ acqua dei fossi e dei fiumi, sono resistenti alla degradazione chimica e biologica, e come tali entrano nella catena alimentare, per esempio attraverso l’ erba ingerita da animali erbivori (come le pecore
che pascolano nella zona) e quindi nei formaggi e nelle carni fino all’ uomo.
Fonte : disegni e schemi tratti da : APAT Agenzia per la protezione dell’ ambiente e per i serizi tecnici; Progetto diossina conseguente la legge 268/2003.

le diossine restano immobili nel suolo e una volta legate alla frazione organica di esso entrano negli organismi vegetali le diossine e gli altri inquinanti aromatici presentano fenomeni di bioaccumulo, di bioconcentrazione che aumenta man mano che si segue la catena alimentare e raggiunge il massimo nelle donne e negli uomini, provocando possibili
alterazioni nel sistema immunitario e endocrino. Il contatto può provocare, come è noto da anni, il fenomeno cloracne come è stato evidenziato in molti casi di incidenti o di rilascio delle diossine : vedi l’ incidente di Seveso, o gli effetti dell’ agente orange usato dalle truppe statunitensi in Vietnam per diserbare/disboscare la giungla rifugio
dei soldati vietnamiti.

Non vogliamo suscitare allarmismi, solo richiamare alcune parziali riferimenti di sfondo che voi conoscete meglio di noi.
3) Se il problema invece ha riguardato soltanto rifiuti urbani abbandonati di natura eterogenea, e fermo restando i possibili effetti nocivi per la salute degli abitanti e dell’ ambiente di vita, non si può non rilevare come il Comune di Firenze sia da anni inadempiente e fuori legge per non aver raggiunto la quantità di raccolte differenziate fissata dalle norme nazionali e regionali, in ottemperanza alle direttive cogenti dell’ UE, e sia inadempiente sulle modalità di raccolta, un obbligo di legge. Il che implicherebbe una indagine sulle ultime giunte comunali e sui relativi sindaci pro tempore.


CHIEDIAMO QUINDI DI ESSERE INFORMATE/I IN QUANTO CUSTODI COSTITUZIONALI DEL TERRITORIO, CIRCA LE INDAGINI CHIMICOFISICHE E I RISULTATI E VOGLIAMO VENGA AVVIATA UNA BONIFICA DELLA ZONA IN TEMPI VELOCI E CERTI.

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Resoconto assemblea di quartiere 20 febbraio 2023

Lunedì 20 febbraio ci siamo ritrovati a discutere per continuare e aggiornare la collettività su problematiche, necessità e prospettive della zona di Castello e del Sodo.
Abbiamo iniziato discutendo della Cerdec, confrontandoci quindi sullo stato di avanzamento formale dei lavori e sulle iniziative da parte nostra per richiedere trasparenza ed interventi a tutela della salute pubblica.
Il principale aggiornamento resta il parere espresso dall’amministrazione comunale (col supporto di Arpat) tramite il provvedimento dirigenziale della sezione ambiente dello scorso autunno [https://accessoconcertificato.comune.fi.it/trasparenza-atti/#/provvedimenti-dirigenziali] con il quale si mette nero su bianco come la proposta del costruttore relativa alla bonifica sia insoddisfacente e quindi da ripresentare in toto. Siamo tutt’altro che stupiti ma d’altra parte ci preme ricordare come un anno e mezzo fa durante l’incontro pubblico sulla ex Cerdec con l’assessora Del Re al Circolo di Castello, la questione della bonifica fu liquidata come semplice “lavoro di carta” : beh, evidentemente carta canta.
Inoltre, abbiamo riportato di come stiamo cercando di mantenere alta l’attenzione da parte degli amministratori sul recupero e messa in sicurezza effettiva dell’area ex Cerdec  tramite due richieste formali al consiglio di quartiere ed Arpat: entrambe sono nate e sostenute dalle analisi su un pozzo privato nelle vicinanze dello stabile
[https://soscastello.noblogs.org/files/2022/12/2021_Dicembre_analisi_private_acqua_castello-privacy.pdf] commissionate ad un laboratorio certificato che ha confermato come gli inquinanti si diffondano ben oltre i confini catastali dell’area.
Aspettiamo ancora i responsi finali di entrambe queste richieste, che condivideremo come al solito appena disponibili.
L’assemblea è proseguita concentrando la discussione sulla prossima adozione del nuovo Piano Operativo Comunale, nuovo ed unico surrogato dei vecchi Regolamento Urbanistico e Piano Strutturale: il Piano Operativo diventa quindi lo strumento principale dell’Amministrazione con cui si danno sia le linee generali che quelle esecutive sugli
aspetti urbanistici, di servizi e mobilità del comune di Firenze: nonostante il racconto di semplificazione legato a questa nuova struttura amministrativa è bene ricordare, nonostante ancora una volta ci sia davvero poco di cui stupirsi, come l’attuale piano sia in
cantiere da almeno due anni e già in ritardo di tre.
Abbiamo quindi riepilogato il calendario burocratico dei prossimi mesi, per il quale a partire dall’approvazione del Piano Operativo discusso in giunta, partono 60 giorni in cui è possibile presentare delle osservazioni di carattere critico e/o propositivo sui dettagli del
piano stesso: il giorno esatto dell’approvazione non è ancora chiaro; é stato annunciato per la fine di Febbraio ma ovviamente è già stato posticipato a data destinarsi, ma che cercheremo di comunicare appena nota.
Come Csa Next-Emerson abbiamo preparato 6 osservazioni [link documenti a fondo pagina] su argomenti che spaziano dall’allargamento della buffer e core zone ai piedi di Monte Morello  e la tutela del reticolo di strade storiche del quartiere, alla creazione di aree verdi accessibili in via Chiuso dei Pazzi (come tra l’altro già stabilito dai vecchi piani comunali) fino alla questione della mobilità e dei trasporti relativa al nostro quartiere.
Su quest’ultimo punto in particolare ci siamo soffermati a lungo e la discussione ha riguardato anche iniziative e progetti al di la’ della contingenza delle osservazioni al Piano Operativo.
Ci teniamo a ricordare come queste osservazioni hanno come requisito la conoscenza del territorio a cui si riferiscono, e non particolari competenze pregresse in chi le scrive: vi invitiamo quindi a scriverle e condividerle a vostra volta per continuare a tenere la guardia
alta verso sogni sbilenchi di costruttori e le consuete sciatterie degli
amministratori.

Csa Next Emerson                                              assemblea@csaexemerson.it


Il quartiere è di chi lo vive, non di chi se lo compra!

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Pubblicato in Castello, CSA nEXt Emerson, ex - Cerdec, Piano Operativo, Sodo | Commenti disabilitati su Resoconto assemblea di quartiere 20 febbraio 2023

Lunedì 20 Febbraio assemblea di quartiere

Lunedì 20/02 h 21.00 Assemblea di quartiere

Un incontro aperto tra gli abitanti della zona di Castello e del Sodo per fare il punto sulle iniziative relative alla bonifica della ex-Cerdec e per capire insieme come districarsi tra le implicazioni del Piano Operativo e Strutturale del Comune di Firenze in adozione nei prossimi mesi.

La centralità dell’area ex-Cerdec rispetto ai problemi e alle necessità del nostro quartiere si è ragionevolmente imposta anche nelle assemblee degli ultimi mesi.

Durante questi incontri ci siamo quindi potuti confrontare sulle possibili nocività legate all’attuale stato di incompleta bonifica dell’area e sullo sconsiderato interesse a cementificare degli attuali proprietari.

Paradossalmente, quando la necessità sarebbe quantomeno quella di bonificare e disinquinare realmente l’area, c’è il rischio concreto di una mega speculazione edilizia con decine e decine di appartamenti in più nel contesto di un quartiere che sappiamo essere decisamente saturo e già scarno di servizi.

Lo scorso autunno il Comune di Firenze, dopo anni di immobilismo si è reso conto della incompletezza di dati sulla bonifica dell’area e, supportato dal parere tecnico di Arpat, ha ufficialmente negato l’approvazione all’analisi di rischio** proposta dal costruttore in quanto incompleta obbligandolo a controlli più stringenti sull’inquinamento dell’area.

Sempre lo scorso autunno, siamo riusciti a smuovere l’Arpat richiedendo ulteriori controlli nelle zone limitrofe all’area ex-Cerdec tramite un esposto supportato da analisi certificate private** fatte in un pozzo privato immediatamente a valle dello stabile in cui si evidenzia la presenza di inquinanti difficilmente non riconducibili alle vecchie produzioni della Cerdec.

Il controllo non è stato ancora completato causa alcune falde a secco, ma ci aspettiamo che sia concluso e di ricevere un responso, che non esiteremo a condividere.

All’incontro intendiamo anche riportare come abbiamo intenzione di muoverci rispetto al Consiglio di Quartiere e alla prossima adozione del Piano Operativo e Strutturale da parte del Comune di Firenze, le cui tempistiche confermano ogni stereotipo sull’inefficacia e scarsa chiarezza della macchina burocratica (da 3 anni in deroga, rispetto ad una validità teorica di 5…).

Vogliamo continuare a condividere il nostro percorso con tutte e tutti gli abitanti della zona sicuramente con l’auspicio di ricevere critiche e contributi, ma anche per individuare percorsi informali autorganizzati con cui la cittadinanza può farsi valere e tutelarsi collettivamente, senza particolari deleghe.

Ci vediamo quindi Lunedì 20 Febbraio al Circolo di Castello (via R.Giuliani 397)  alle 21.

Il quartiere è di chi lo vive !

Csa Next Emerson

** documenti citati nel testo

analisi acque

negazione analisi rischio

 

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Raccolta firme area ex-Cerdec

Inizia la raccolta firme riguardante l’area ex-Cerdec.

Per firmare e/o ritirare i moduli con la griglia per le firme

– Csa Next-Emerson – via di Bellagio 15

– Circolo di Castello – via R. Giuliani 374

– Tabaccheria – via R. Giuliani 140 r

– Inviare una mail a assemblea@csaexemerson.it

Qui sotto il testo da firmare, sotto il testo i link alla documentazione citata nel testo

 

piano_investigazione_arpat_cerdec_2019

analisi acque

 

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27-28 Maggio, 3-4 e 10-11 Giugno – mostra informativa sulle aree ex-Cerdec ed ex-Seves

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Intervista sul Cinema di Castello

Qui sotto il Podcast dell’intervista ad Alessandra del Cinema di Castello realizzato per la decima trasmissione di “Passaggi a Nord Ovest”

Per tutti i podcast (passati e futuri) di Passaggi a Nord-Ovest andate qui:

https://wombat.noblogs.org/category/podcast/passaggianordovest/

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Intervista lavoratori GKN di Campi Bisenzio

Qui sotto il podcast dell’intervista ai lavoratori metalmeccanici della GKN di Campi Bisenzio (prima parte)

Il podcast è la tramissione registrata della settima puntata di Passaggi a Nord Ovest, la rubrica di Radio Wombat su quello che accade nella parte Nord-Ovest di Firenze

Per tutti i podcast (passati e futuri) di Passaggi a Nord-Ovest andate qui:

https://wombat.noblogs.org/category/podcast/passaggianordovest/

Per lo streaming e tutte le altre notizie su Radio Womabt:

https://wombat.noblogs.org/

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